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Forum de iNudisti - Hans Fallada "E adesso, pover'uomo?"
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 Hans Fallada "E adesso, pover'uomo?"
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Capitanonemo
iNudistamico

capitanonemo

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Città: Roma


131 Messaggi

Inserito il - 29/12/2008 : 16:19:33  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Hans Fallada è lo pseudonimo dello scrittore tedesco Rudolf Ditzen (1893 - 1947); nei suoi romanzi descrive una società, quella tedesca, che prima scivola e quindi viene inghiottita dall’orrore totalitario. In pagine di grande intensità descrive la vita quotidiana di umili figure. Nel caso di “E Adesso, pover’ uomo?” (1932) di un commesso di un grande magazzino (Pinneberg) e della moglie (Làmmchen), ormai prossima al parto. Uno dei colleghi di lavoro di Pinneberg, Heilbutt, pratica il naturismo.
Ho ritenuto interessante il capitolo che segue perché vi ricorrono interrogativi, domande, problemi della pratica naturista non dissimili da quelli che discutiamo attualmente nel forum e altrove.
Segnalo, infine, come il romanzo, edito in Italia negli anni trenta dalla mondadoriana “Medusa”, sia stato ristampato con una traduzione finalmente completa ed aderente all’originale tedesco.



Pinneberg fa una visita e si lascia indurre alla nudità

Alla fine bisogna andar via. Grida non se ne son più sentite, o sono state intercettate dai due usci imbottiti. Comunque adesso è certo: anche Làmmchen griderà a questo modo. Tutto sommato non c'era da aspettarsi niente di diverso, tutto ha un prezzo, perché giusto in questo caso non avrebbe dovuto essercene uno?
Una volta in strada, Pinneberg si ferma senza sapersi decidere. I lampioni sono già accesi, la sala cinematografica dell'Ufa [*], là dietro, è tutta illuminata a festa, ogni cosa continua ad esistere, con Làmmchen o senza Làmmchen. Con Pinneberg o senza. Convincersene non è tanto semplice, è una cosa pressoché impossibile.
Ci se ne può tornare a casa, quando passano pensieri del genere per la testa? L'aspetta quell'appartamento vuoto, terribilmente vuoto, proprio perché tutto gli ricorda Làmmchen... Ci sono i due letti, la sera ci si è tenuti per mano al di sopra dello stacco fra i letti, è stato così bello. Stasera non succederà. Forse non succederà mai più. Ma dove andare?
A bere, no, non è il caso. Costa dei quattrini, e poi alle undici o alle dodici dovrà telefonare, e non starebbe bene farsi sentire al telefono con una voce da ubriaco. Non sta bene che lui si ubriachi, mentre Làmmchen sta passando quel che sta passando. No, non si tirerà indietro, come minimo penserà a quelle grida, quando toccherà a Làmmchen lanciarle.
Ma dove andare? Starsene quattro ore in giro per strada? Non ce la farebbe. Passa davanti al cinema che è incastrato sotto il suo appartamento, passa davanti al portone della Spenerstraf3e dove abita sua madre. No, son tutte cose che non vanno.
Va avanti a passo lento. Qui c'è il tribunale penale, e ci sono delle celle. Forse c'è gente rinchiusa là dentro, dietro le sbarre delle finestre, e sta anch'essa a tormentarsi, bisognerebbe saperlo, forse la vita sarebbe meno dura, se lo si sapesse, ma non se ne sa nulla. Si vaga così a caso, si è tremendamente soli, in una serata come questa, e non si sa dove andare.
Ma improvvisamente lo sa. Guarda l'orologio, dovrà prendere il tram, altrimenti, prima che arrivi, i portoni saranno già chiusi.
Fa un tratto con un primo tram, poi prende la coincidenza e prosegue con un altro tram. Adesso è già di buon umore pensando alla visita che sta per fare, ad ogni chilometro che l'allontana dall'ospedale, Làmmchen e il piccolo che sta nascendo perdono un po' più consistenza, diventano evanescenti, privi di una vera realtà.
No, lui non è un eroe, in nessun verso, non è aggressivo e non gli va neppure di stare a torturarsi, è un giovane assolutamente comune. Fa il suo dovere, trova che non stia bene ubriacarsi. Ma una visita ad un amico la si può fare, e si può persino esser contenti di farla, non c'è nulla di sconveniente.
E fortunato. «Sì, il signor Heilbutt è in casa».
Heilbutt sta cenando, e naturalmente non sarebbe Heilbutt se si meravigliasse in qualche modo per questa visita ad un'ora tarda. «Pinneberg? Hai fatto bene a venire. Hai già mangiato? No, ovviamente. Non sono ancora le otto. Vieni, ceniamo insieme».
Non gli fa nessuna domanda. A Pinneberg dispiace, ma è chiaro, Heilbutt non fa domande.
«E stata proprio una bella idea, quella di venire a trovarmi. Guardati pure intorno, è una camera d'affitto come tante altre, tutto sommato è orribile, ma non mi dà alcun fastidio. Non è una cosa che mi riguarda».
Fa una pausa.
«Stai guardando le foto di nudo? Sì, ne ho una discreta collezione. Mi mettono in situazioni assai particolari. Da principio le mie padrone di casa si mostrano sempre inorridite, quando arrivo e appendo le foto alle pareti. Alcune esigono che lasci la camera immediatamente».
Fa di nuovo una pausa. Si guarda intorno. «Sì, da principio ci si scontra. Per lo più queste padrone di casa sono di una mentalità incredibilmente ristretta. Ma poi riesco a convincerle. Se ci si pensa, la nudità in sé è l'unica cosa davvero morale. E così le convinco». - Un'altra pausa. «Ecco, la mia attuale padrona di casa ad esempio, l'hai vista, no?, quella grassona della Witt,come s'è infuriata! "Le metta nel cassettone", ha detto, "ci vada in fregola quanto vuole, ma non sotto i miei occhi... " ».
Heilbutt guarda Pinneberg con aria grave. «Ma poi l'ho convinta. Devi sapere, Pinneberg, che io sono un naturista nato. Ho detto alla Witt: "D'accordo, ci dorma sopra, se domattina sarà ancora dell'idea che io debba togliere le foto, lo farò; il caffè, per piacere, alle sette". Bene, la mattina alle sette lei bussa, io dico: "Avanti", lei entra col vassoio del caffè in mano, io sto qui, completamente nudo, a fare la mia ginnastica mattutina. "Signora Witt", le ho detto, "mi guardi, mi guardi con attenzione. Si sta eccitando? Sta andando in fregola? Nella nudità della natura non c'è vergogna, neanche lei si sta vergognando". — E adesso s'è convinta. Sulle foto alle pareti non trova più niente da ridire, le va bene così».
Heilbutt fissa un punto davanti a sé. « Basterebbe che la gente lo sapesse, Pinneberg, non le viene spiegato nel modo giusto. Anche tu dovresti provarci, Pinneberg, e anche tua moglie. Vi farebbe bene, Pinneberg».
«Mia moglie... », sta per dire Pinneberg.
Ma Heilbutt non lo si ferma più, il misterioso e compassato Heilbutt, il distinto Heilbutt, ecco che anche lui ha una sua mania, come tutti. Heilbutt dice: «Guarda, le foto di nudo. È una collezione come in tutta Berlino non ce n'è l'uguale. Per le foto di nudo esistono ditte di vendita per corrispondenza», storce la bocca, «a dozzine, robaccia, son brutti i modelli e son brutti i loro corpi, da buttare. Quelle che vedi qui sono tutte foto scattate in privato. Fra di esse ce n'è anche di signore», la voce di Heilbutt si fa solenne, «della più alta società: anche loro professano la nostra dottrina». E alzando il tono della voce: «Noi siamo degli esseri liberi, Pinneberg».
«Me lo posso immaginare», commenta Pinneberg, imbarazzato.
«Credi forse», mormora Heilbutt, chinandosi tutto verso Pinneberg, «che riuscirei a sopportarlo, quest'eterno star lì al banco vendite e quei cretini dei colleghi e quei porci dei superiori», fa un gesto in direzione della finestra, «e tutto quel che c'è là fuori, tutta questa **** in Germania, se non guardassi al futuro... ? Ci sarebbe da scoraggiarsi, mentre così so che un giorno cambierà. È qualcosa che aiuta, Pinneberg. Aiuta. Dovresti provare anche tu, tu e tua moglie». Ma non aspetta la risposta, si alza e, affacciandosi all'uscio, chiama: «Signora Witt, può sparecchiare! ».
«I libri», dice Heilbutt riavvicinandosi, «e lo sport e il teatro e le ragazze e la politica, e tutte le cose di cui si occupano i colleghi, non sono che una forma di anestesia, è tutto inutile. In realtà... ».
«Però...», sta per dire Pinneberg, ma non continua, è entrata la signora Witt col vassoio.
«Ha visto, signora Witt ?» dice Heilbutt. «Questo è il mio amico Pinneberg. Fra poco lo porterò con me alla nostra serata naturista».
La signora Witt è una donna avanti negli anni, piccola e rotondetta. «Lo faccia pure, signor Heilbutt. Il suo giovane amico si divertirà. Non c'è bisogno che si spaventi», dice, rivolta a Pinneberg, per tranquillizzarlo. «Non sarà costretto a spogliarsi, se non ne ha voglia. Io non mi sono spogliata, quando il signor Heilbutt mi ci ha portata... »..
«Io...», sta per dire Pinneberg.
«Certo, fa uno strano effetto», racconta la signora Witt, «vedere che tutti vanno in giro nudi nudi e chiacchierano con altra gente, nuda pure quella, certi signori anziani barbuti e occhialuti, e uno invece ha i propri vestiti addosso. Ci si vergogna da morire».
«Vede», dice Heilbutt. «Noi però non ci vergogniamo ».
«Vabbè», dice l'anziana e tondeggiante signora Witt. «Per dei giovanotti può essere una cosa simpatica assai. Di che tipo siano quelle ragazze, non lo capisco bene, ma lì un giovanotto ha certo la possibilità di abbordarle in maniera simpatica. Non c'è pericolo che compri la gatta nel sacco».
«È una sua opinione, signora Witt», dice bruscamente Heilbutt, e si vede chiaramente che è infastidito. « Se dunque volesse sparecchiare... ».
«A lei, signor Heilbutt, non le sta bene che io lo dica», fa lei, raccogliendo le stoviglie della cena, «ma, se una cosa è vera, non la si può negare. Li ho visti io certuni che se n'andavano insieme nelle cabine con la massima disinvoltura».
«Signora Witt, son cose che lei non capisce», dice Heilbutt. «Buona sera, signora Witt».
«Buona sera, signori», dice la signora Witt, andandosene col suo vassoio, non senza fermarsi però ancora una volta sull'uscio. «Certe cose io non le capisco, è chiaro. Ma di sicuro costa meno che andarsene al caffè».
E con ciò sparisce, lasciando Heilbutt a osservare con irritazione quell'uscio laccato color marrone.
«Non ce la si può prendere a male con questa donna», dice, mentre se la sta prendendo terribilmente a male. «Non riuscirà mai a capire. E naturale, Pinneberg», dice, «è naturale che ne vengan fuori delle relazioni, ma è una cosa che succede dovunque ci sia della gente giovane che si ritrova insieme, questo non ha nulla a che spartire col nostro movimento». S'interrompe. «Comunque, lo vedrai tu stesso. Hai tempo, vieni anche tu, no?».
«Non so bene», dice Pinneberg, imbarazzandosi. «Devo fare ancora una telefonata. C'è mia moglie all'ospedale».
«Oh», dice Heilbutt con un'aria dispiaciuta. Poi capisce. «E già a quel punto?».
«Sì», dice Pinneberg, «ce l'ho portata oggi pomeriggio. Ci si arriverà sicuramente in nottata. E poi, Heilbutt... », e gli piacerebbe continuare a parlare, delle sue paure, delle sue preoccupazioni, ma non ne è capace.
«Se è per la telefonata, puoi anche farla dalla piscina», dice Heilbutt. «Non è che pensi che tua moglie possa avere qualcosa in contrario a che tu venga?».
«No, no, non credo. Solo che mi sembra così strano, lei è stesa lì nel reparto maternità, sala travaglio la chiamano, dove poi partoriscono, e pare che non sia una cosa tanto semplice, ne ho sentita una che gridava... orribile».
«È vero, è una cosa spiacevole», dice Heilbutt con la tipica calma di chi non è coinvolto, «ma poi in fondo va tutto liscio. Alla fin fine avrete di che esser contenti, quando sarà passato. E, come s'è detto, non è necessario che tu ti spogli».

* Sigla per Universum-Film Aktiengesellschaft ("Società per azioni Film Universum"), fondata nel 1917, durante la Repubblica di Weimar divenne la più importante casa di produzione cinematografica tedesca.

robi nood
Istrione

robi.nood

Città: Roma


2057 Messaggi

Inserito il - 03/01/2009 : 10:13:56  Mostra Profilo Invia a robi nood un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Innanzi tutto vorrei ringraziare Capitanonemo perché scova sempre – sia detto senza doppi significati – queste perle da sottopòrci!

Devo però dire che non vi ho trovato tutte queste analogie con ”interrogativi, domande, problemi della pratica naturista non dissimili da quelli che discutiamo attualmente nel forum”.

Anzi mi sembra che alcune problematiche relative al nudismo siano impastate con tematiche relative alla liberazione sessuale e forse anche al libertinaggio, da cui fortunatamente oggi siamo un po’ più distanti.

Che c’entra il nudismo con le foto di nudo alle pareti, messe in competizione con i materiali pornografici già allora disponibili?
O che c’entra con l’inganno con cui il personaggio del romanzo si mostra nudo alle sue proprietarie di casa, contro il loro volere?
Insomma questo nudismo indoor, oltre che agli antipodi del naturismo, mi sembra complessivamente più una pratica da boudoir che non l’avo del nudismo odierno.


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Diego
iNudistospite

Prov.: Pavia


17 Messaggi

Inserito il - 12/01/2009 : 17:12:29  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Diego Invia a Diego un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
molto, molto interessante!
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